TESTIMONIANZE

Questa pagina nasce con l’intento di dare voce alle esperienze vissute per combattere la malattia e vivere con essa.

Leggete l’esperienza di Francesco e mamma Marinella

Intervista a Marinella mamma di Francesco – Francesco vince la sua malattia ma la lotta più dura è stata contro…

By Grazia Petta 31 Ottobre 2019  (Testata giornalistica Il Quarto Potere)

“È difficile convivere con questa malattia specialmente da piccoli: gli altri bambini ti escludono”

Francesco Masciavè, oggi sta bene, ha vent’anni e frequenta l’università a Firenze ma, da piccolo, ha dovuto lottare contro il morbo di Hirschsprung (HSCR), una patologia congenita che colpisce l’intestino.

Sono stati necessari dodici interventi, di cui sei durante il primo anno di vita, per guarire dal suo male.

Francesco  Giovanni e Giuseppe

Francesco, in occasione del settimo convegno tenuto ad Alessandria sul Morbo di #Hirschsprung, una malattia rara, che rara più non è, scrive sul suo profilo facebook:

A differenza di quasi 20 anni fa, praticamente, da quando questa bestia ha colpito me personalmente, sono stati fatti parecchi passi avanti, sia dal punto di vista scientifico, sia da quello mediatico, giungendo a catturare l’interesse dell’intero sistema sanitario europeo.
Non solo, i casi di guarigione sono notevolmente incrementati.
Grande merito va sicuramente dato al dottor 
Alessio Pini Prato, primario dell’ospedale infantile “Arrigo” di Alessandria, e al suo meraviglioso staff, senza dimenticare tutte quelle persone, che, quotidianamente, si impegnano e si rimboccano le maniche per dare speranze a tutte/i coloro che combattono contro questa malattia. Le eccellenze esistono e devono essere valorizzate.
La mia personale e travagliata esperienza, fatta di continui sali e scendi tra gli ospedali italiani, è stata una scalata che mi ha portato dall’inferno sino al paradiso.

Marinella, la mamma, non si è mai arresa in quegli anni e non ha mai perso le speranze anche quando le è stato chiesto di firmare con Luigi, il papà di Francesco, l’autorizzazione per procedere, eventualmente, all’espianto degli organi perché non c’era più niente da fare per salvare il piccolo Francesco mentre lui si aggrappava alla vita.

Lunghe attese fuori dalle sale operatorie, ore e ore d’intervento, lunghe permanenze in terapia intensiva “ma io-racconta Marinella- ero fuori, col suo ciuccio in mano, ad aspettarlo perché non ci credevo…”

Marinella, sono passati un po’ di anni da allora, cosa ricordi di quei momenti?

Innanzitutto la sofferenza di Francesco, il suo pianto risultava inspiegabile fino a quando la pediatra, la dr.ssa Cantatore, abbracciando a sé il bambino, in lacrime, ci comunicò che era affetto da una patologia rara e grave. Mi si raggelò il sangue e guardando mio marito gli dissi: – ora cosa facciamo? –

Cosa succede da quel momento?

Inizia un lungo e faticoso percorso tra ospedali e specialisti.

Portato d’urgenza al Giovanni XXIIIesimo di Bari, i medici sottovalutarono il problema tanto da mandarci a casa con una semplice terapia di lavaggi intestinali ma Francesco continuava a stare male. Fissammo altri appuntamenti per ulteriori controlli finché il morbo venne riconfermato e iniziò una serie di lunghi e complicati interventi. Il primo lo subì a Siena dove dopo lunghi giorni di tremenda attesa l’intestino di Francesco riprese la sua normale funzione.

Sembrava che tutto si fosse risolto ma al nostro rientro a casa la situazione si complicò nuovamente.

In che senso?

Francesco non dava più segni di vita lo portammo d’urgenza a Terlizzi e di là con una corsa contro il tempo fu trasferito al Giovanni XXXIIIesimo.

Dai vari esami risultò che l’intervento appena subito non era stato eseguito correttamente.

Non c’erano molte speranze, eravamo al bivio tra la vita e la morte, necessitava un nuovo intervento seppur il rischio era altissimo ma il professore Mangieri con la sua equipe riuscì a salvarlo.

Per la prima volta iniziai a credere di aver trovato degli angeli sulla mia strada, tra medici e infermieri, ci sentimmo avvolti da tanto amore e umanità anche se per Francesco i rischi non erano finiti.

L’enterocolite era la conseguenza più temibile della malattia e bisognava portarlo in una struttura più idonea e soprattutto affidarlo a un professore specializzato in materia.

Fu così che il dott. Mangieri ci indirizzò al Gaslini di Genova dove fummo accolti per l’anamnesi dal dott. Pini Prato, all’epoca medico specializzando; quell’incontro riaprì i nostri cuori e con Francesco nacque un amore inspiegabile.

Anche in quell’ospedale trascorrete molto tempo?

Sì ma per fortuna nonostante le difficoltà che continuavano, fummo travolti dall’affetto di tutto il personale, Francesco con la sua energia aveva catturato l’attenzione di tutti, era diventato la mascotte del reparto e questo calore alleggeriva la nostra sofferenza tra rientri a casa e voli d’urgenza ogni volta che stava male, quel giovane medico però mi dava speranza e all’età di sei anni, Francesco iniziò a stare meglio.

Nasce l’Associazione Amici di Francesco. Perché?

In realtà non fui io a pensarci, l’idea nacque, qualche anno dopo, dalla grande famiglia che si era creata all’interno di quell’ospedale. Me lo chiedevano ma io non ne percepivo l’importanza e fu proprio Francesco a dirmi testuali parole: “mamma hai sempre detto che avresti voluto aiuto quando io stavo male”. In me si accese una luce; io potevo essere una testimonianza e soprattutto un veicolo di informazioni per quei genitori che affrontavano la malattia, fondai così la prima associazione sul morbo di Hirschsprung . Eravamo io, mia sorella e mio marito e “il numero di telefono personale”.

Quel numero cambiò la mia vita iniziai a ricevere un’infinità di telefonate di famiglie disorientate a cui con la mia esperienza riuscivo a fornire informazioni, supporto e consigli.

Oggi l’associazione è cresciuta molto, che funzione ha?

Siamo tante famiglie a farne parte, per esigenze lavorative non sono più la presidente, io mi occupo della consulenza delle famiglie mentre la presidenza è passata a Patrizia Scardigno di Roma, mamma di un bambino affetto dal morbo, e il referente scientifico medico è il “nostro angelo dr. Pini Prato”. L’associazione, che oggi si chiama Associazione Amori, è diventata di interesse sia nazionale che europeo, oltre a sostenere la ricerca, studia e propone progetti innovativi al fine di agevolare il percorso della malattia e organizza convegni informativi. Qualche giorno fa infatti si è tenuto ad Alessandria, dove ora esercita il dr. Pini Prato (nominato il primario più giovane di chirurgia pediatrica), il settimo convegno sul morbo di Hirschsprung con un open day per il check up completo sui bambini colpiti da questa patologia.

Marinella mi hai parlato di convegni organizzati sempre fuori dalla nostra regione, hai mai proposto iniziative nel nostro territorio?

L’ho fatto ma, con delusione, ti dico che la mia proposta non è stata accolta. Il convegno svolto ad Alessandria avrei voluto che si tenesse a Bari ma sono ancora in attesa di una risposta.

Credo che quando si parla di malattie e di aiutare chi vive questi drammi non debbano esserci riserve. Lo scambio di informazioni tra medici è di fondamentale arricchimento anche perché avere vicino a noi strutture e operatori sempre più preparati eviterebbe quei viaggi di speranza che non tutti possono permettersi in termini economici, infatti il compito della nostra associazione è anche quello di correre in aiuto a famiglie che si trovano in difficoltà, oltre al fatto che allontanandoci dai nostri luoghi per lunghi periodi siamo costretti a trascurare la famiglia in particolar modo fratellini e sorelline se ci sono.

Per te è stato così? Anche Giulia, la sorella di Francesco, era piccola allora, credi che abbia sofferto?

Purtroppo sì, lei è stata sballottata tra nonni, parenti e mio marito che la maggior parte delle volte non mi seguiva per restarle vicino. Presa da Francesco e dal suo dramma non mi rendevo conto di quanto Giulia soffrisse la mia mancanza, è stata lei stessa, successivamente, a farmelo notare. Ho perso tanti suoi momenti e le ho tolto tanto ma credo abbia compreso. Oggi infatti durante gli incontri con le famiglie pongo molta attenzione su questo aspetto raccomandando loro di non trascurare gli altri figli.

In occasione del convegno tenuto ad Alessandria tra le dichiarazioni rilasciate da Francesco al quotidiano La Stampa, ce n’è una che mi ha colpito particolarmente: “È difficile convivere con questa malattia specialmente da piccoli: gli altri bambini ti escludono”. Ti va di parlane?

Già dolore sul dolore! L’infanzia di Francesco non è stata semplice. Per via della sua malattia soffriva di incontinenza intestinale e purtroppo era oggetto di scherno da parte dei suoi amichetti. Capitava a volte che arrivando a scuola trovava disegni che rappresentavano il suo disagio e questo per Francesco era devastante. I bambini in alcuni casi hanno un cinismo sottile e per quanto si possa giustificarli lasciano ferite profonde in chi lo subisce.

Ma a volte sono anche gli adulti a peccare di superficialità e indelicatezza perché alla scuola media nonostante avessi informato il professore di attività motoria dei problemi di Francesco, un giorno durante l’ora di lezione gli disse che si muoveva come un handicappato. Ti lascio immaginare la reazione di Francesco e gli amici che si sentirono ancora più legittimati a deriderlo.

Non sempre mi raccontava quello che subiva, a volte lo scoprivo per caso, non mi diceva tutto per non far soffrire anche me. A casa puntualmente il pomeriggio giungevano telefonate di insulti che Giulia prendeva per evitare che rispondesse il fratello.

Francesco è stato praticamente isolato e tacciato di squallidi epiteti e alla scuola superiore la situazione non è cambiata anche se per altre ragioni.

I suoi modi garbati e la sua maturità, probabilmente dovuta a un’infanzia vissuta più tra adulti che tra coetanei, non erano molto graditi ai suoi amici che di conseguenza lo escludevano dai loro incontri e da tutto nonostante Francesco li cercasse.

Un sabato sera l’ho trovato a casa disperato che piangeva, aveva chiamato tutti ma nessuno gli aveva risposto.

È stata dura vederlo sopportare tante cattiverie ma non si è arreso.

Oggi Francesco frequenta l’università e vive a Firenze. Sta bene?

Francesco a Firenze ha trovato la sua dimensione, si trova benissimo, gli piace molto l’ambiente universitario ed è molto felice della sua scelta. Sento che è sereno.

Una serenità che Francesco merita sicuramente, una dura esperienza che come lui dice – l’ha condotto all’inferno – ma schivando le fiamme ne è uscito con la vita tra le mani.