La malattia di Hirschsprung (HSCR) è un’affezione congenita caratterizzata da segni di ostruzione intestinale dovuti alla presenza di un segmento intestinale agangliare (privo della normale innervazione) di lunghezza variabile, di solito coinvolgente il colon-retto.
Relazione
clinico-scientifica
Dott.
Alessio Pini Prato
La stipsi in età pediatrica è ben più frequente di quanto non si possa immaginare. Questa rappresenta infatti il sintomo lamentato da oltre il 5% dei pazienti che si presentano presso gli ambulatori di pediatria generale e dal 25% di quelli che si presentano presso quelli gastroenterologici pediatrici.
La stipsi può avere cause organiche ma in oltre il 95% dei casi si parla di stipsi cronica funzionale prevalentemente attribuibile ad anomale abitudini alimentari e/o comportamentali del bambino ed al suo rapporto con l’evacuazione. Nel 1999 una consensus conference definì i criteri diagnostici per definire la stipsi cronica funzionale. Questi, chiamati criteri di Roma II, vennero successivamente modificati ed adattati nel 2006 e, recentemente, nel 2016 a costituire i criteri di Roma IV attualmente in uso in tutto il mondo. Indipendentemente dalla versione dei criteri di Roma presi in considerazione, in tutti i casi la diagnosi di stipsi cronica funzionale prevede l’esclusione di cause organiche e quindi di patologie in grado di manifestarsi proprio con la stipsi quale sintomo principale.
Fra queste vanno annoverate l’ipotiroidismo, la celiachia, gli squilibri elettrolitici, la fibrosi cistica, le malformazioni anorettali, la spina bifida (soprattutto quella occulta, spesso misconosciuta) e, soprattutto, la malattia di Hirschsprung.
La malattia di Hirschsprung è una malattia congenita, multigenica, multifattoriale, ad espressività variabile. Questa definizione racchiude tutte le principali caratteristiche della malattia: l’esordio neonatale, la variabilità delle manifestazioni cliniche e la coesistenza di fattori genetici, influenze ambientali ed anomalie di sviluppo nel determinismo della malattia.
Per capire come si “forma” la malattia è essenziale comprendere il ruolo dei gangli del nostro intestino. Queste strutture costituiscono un complesso network innervativo, definito “gut mini brain” (piccolo cervello intestinale), contenuto nel contesto della parete intestinale. Anche detto Sistema Nervoso Enterico, il “gut mini brain” è essenziale perché coordina la peristalsi intestinale (contrazione prossimale e rilasciamento distale) e svolge un ruolo cruciale nel controllo della secrezione e dell’immunità mucosa dell’intestino.
Il gut mini brain si sviluppa fra la 7a e la 12a settimana di vita gestazionale (durante il primo trimestre di gravidanza) per effetto della migrazione di cellule staminali derivate dal tubo neurale (dette cellule delle creste neurali) che vanno a colonizzare prima l’esofago, poi lo stomaco, quindi il duodeno, tutto il piccolo intestino, il colon ed infine il retto ove si completa la migrazione e la formazione del sistema nervoso enterico.
Quando tale migrazione si arresta precocemente ed una quota di intestino terminale (il retto o l’ultima parte di colon) non riceve queste cellule delle creste neurali, non si ha la formazione delle strutture gangliari e del gut mini brain e si configura l’aganglia intestinale. Con una sorta di meccanismo di compenso, il nostro organismo (siamo ancora durante lo sviluppo embrionale, prima della nascita) inizia a tentare di far fronte all’assenza di queste strutture, di vicariarle, aumentando l’innervazione proveniente dalle radici nervose sacrali, configurando la cosiddetta iper-innervazione colinergica. Per capirne l’effetto basta fare riferimento ai farmaci anticolinergici (con azione esattamente opposta) che vengono usati come antispastici per il loro effetto miorilassante sulla muscolatura intestinale. L’iperinnervazione colinergica determina quindi un effetto spastico sull’intestino con la conseguente insorgenza degli effetti ostruttivi sul transito intestinale che stanno alla base di tutte le manifestazioni cliniche della malattia. L’ostruzione determina accumulo di feci nell’intestino a monte, sano, e la sua abnorme dilatazione che giustifica il termine di Megacolon. Questi paragrafi spiegano il concetto di congenito, ovvero di presente dal momento della nascita e quindi a manifestazione precoce, quasi sempre neonatale.
Da un punto di vista epidemiologico, l’incidenza della Malattia di Hirschsprung è di circa 1 su 5000 nati vivi, il che rende quest’affezione congenita relativamente “frequente”. In Italia nascono infatti circa 100 bambini affetti dalla malattia ogni anno. Sono colpiti più frequentemente i soggetti di sesso maschile con un rapporto di incidenza fra maschi e femmine di circa 4:1 (una femmina affetta ogni 4 maschi). Non sono rare le associazioni sindromiche a dimostrazione del ruolo cruciale del background genetico quale causa della malattia.
Una percentuale di pazienti mostra, infatti, mutazioni genetiche caratteristiche, le più importanti, quelle a carico del proto-oncogene RET interessano circa il 20% dei bambini affetti. Esistono altri geni potenzialmente coinvolti ma questi sono identificati solo raramente (nel complesso non si supera il 5% dei casi). Fra i geni minori sono inclusi END3, EDNRB, GDNF, SOX10, PHOX28, ZEB2 e BBS causa di sindromi quali Waardenburg-Saha, Ondine, Mowat-Wilson e Bardet-Biedl. Altri geni meno noti e con descrizioni prevalentemente aneddotiche completano il quadro.
Quanto detto in quest’ultimo paragrafo risponde invece ai concetti di multigenico (molti geni potenzialmente coinvolti) e multifattoriale (solo il 25% dei casi sono dovuti a vera e propria mutazione genica). Da qui in poi la genetica molecolare si fa più complessa e non ci addentreremo nel dettaglio se non per accennare al fatto che in realtà un ulteriore 60% dei casi affetti da malattia di Hirschsprung vedono in varianti comuni del gene RET (condivise con la popolazione sana) una possibile causa di malattia in presenza di uno stimolo ambientale “predisponente”. Quanto detto spiega quindi come quasi il 90% dei casi sia legato al gene RET, il 10% o poco meno associato a cromosomopatie quali la sindrome di Down che da sola raccoglie fino al 7-8% dei pazienti con malattia di Hirschsprung.
La presentazione clinica della malattia di Hirschsprung è quanto mai varia. Si va dall’occlusione intestinale neonatale, alla gravissima enterocolite, alla più subdola stipsi cronica, a volte difficilmente distinguibile da una stipsi cronica funzionale se non per la maggior gravità ed alla tendenza alla non guarigione completa nel medio termine.
Proprio in virtù del concetto di congenito l’esordio dei sintomi avviene molto precocemente, con mancata o parziale emissione di meconio (le prime feci normalmente emesse dal neonato entro 24-48 ore dalla nascita), che viene riportata in oltre il 65% dei pazienti affetti dalla malattia di Hirschsprung. Una stipsi cronica deve essere quindi indagata approfonditamente nei casi in cui venga descritto un ritardo nell’emissione di meconio, inspiegabili fenomeni occlusivi o suboccclusivi neonatali, distensione addominale o precoce esordio dei sintomi. Anche nel bambino più grandicello non va sottovalutata la stipsi scarsamente responsiva alla terapia medica, soprattutto se insorta prima dell’anno di vita. La presenza in anamnesi di familiarità positiva per malattia di Hirschsprung o per una delle sindromi descritte in precedenza deve essere ulteriore campanello d’allarme e condurre ad approfondimenti diagnostici. È inoltre importante prestare attenzione a determinati periodi della vita di un bambino durante i quali si può osservare un peggioramento della sintomatologia: lo svezzamento (abbandono del latte materno con proprietà lassative), il periodo estivo e gli episodi febbrili intercorrenti (disidratazione).
Nel caso in cui vi sia il fondato sospetto clinico di Malattia di Hirschsprung la biopsia rettale per suzione ne permette la diagnosi di certezza. Il prelievo indolore di una minima porzione della parete rettale permette di valutare l’innervazione intestinale e di definire o meno la presenza della malattia.
Va sempre ricordato che la biopsia rettale per suzione consente di porre diagnosi di certezza ma non fornisce informazioni determinanti sull’estensione della malattia. L’aganglia è confinata al solo retto? (ultimi 10 cm), al colon di sinistra? (ultimi 25-30 cm), a tutto il colon? al piccolo intestino o ancora di più? Questo dato non può essere derivato con certezza in fase preoperatoria ma può essere ragionevolmente ipotizzato con l’esecuzione di un esame radiologico detto clisma opaco, che consente di osservare la silhouette del colon ed all’operatore esperto di ipotizzare l’estensione dell’intestino affetto da anomalia innervativa. Sebbene la relazione non sia strettamente lineare, l’estensione di malattia correla abbastanza con la gravità della sintomatologia all’esordio. Solo eccezionalmente, infatti, forme molto estese di malattia presentano sintomi sfumati e ricevono diagnosi tardiva. Ciò non vale tuttavia anche per il contrario dal momento che neonati affetti da malattia di Hirschsprung anche solo confinata al retto, possono avere esordio precoce con sintomi drammatici ed evoluzione fulminante.
Confermata la diagnosi il trattamento deve quindi essere instaurato quanto prima per evitare ogni possibile complicanza. Fermo restando la necessità di un trattamento chirurgico radicale precoce, ogni bambino affetto da Malattia di Hirschsprung (soprattutto nel periodo neonatale) deve essere immediatamente sottoposto ad accurato nursing intestinale con lavaggi rettali pluriquotidiani al fine di mantenere vuoto l’intestino dilatato, evitare il ristagno fecale, la traslocazione batterica e la temibilissima insorgenza di enterocoliti e sepsi ad evoluzione potenzialmente fulminante.
Un cenno merita questa complicanza della malattia, che coinvolge il 20-25% dei pazienti sia nel preoperatorio che nel postoperatorio. Una combinazione di microbiota intestinale a rischio, spesso sostenuto dal ristagno fecale, background genetico predisponente ed alterazione dell’immunità mucosale (tutti fattori tipicamente presenti nei soggetti con malattia di Hirschsprung) possono scatenare un evento drammatico caratterizzato da un’infezione incontrollata della mucosa intestinale in grado di provocare conseguenze anche molto gravi. La distensione addominale, il vomito, l’inappetenza, l’emissione a spruzzo di feci maleodoranti, la febbre e l’ipotonia sono tutti sintomi che, isolatamente o in associazione, dovrebbero far sospettare un’enterocolite in un soggetto con malattia di Hirschsprung. Dato il ruolo centrale delle famiglie nella gestione dei bambini affetti dalla malattia, la comprensione e la consapevolezza di tale possibile evenienza ci consente di istruire i genitori ed i caregivers all’intervento domiciliare ed al comportamento da tenere in caso di sospetto, sempre considerando imprescindibile il confronto con il curante e/o con l’Ospedale di Riferimento cui afferire anche e soprattutto in regime di urgenza.
Dicevamo che, confermata la diagnosi, il trattamento deve quindi essere instaurato quanto prima. Per trattamento si intende intervento chirurgico o pull-through per gli “addetti ai lavori”. L’intervento chirurgico necessario per il trattamento della malattia di Hirschsprung prevede tre step cruciali per la buona riuscita della procedura: 1) esecuzione di biopsie intraoperatorie con valutazione estemporanea (risposta del Medico Patologo entro 15-20’) mirata alla definizione dell’estensione dell’intestino affetto dall’anomalia innervativa ed all’identificazione dell’intestino sano immediatamente a monte di quello malato; 2) Rimozione dell’intestino affetto radicalmente fino a ridosso del canale anale, quest’ultimo preservato per mantenere integre le possibilità di continenza; 3) ricongiungimento (anastomosi) dell’intestino sano con il canale anale.
La letteratura internazionale descrive numerose tecniche chirurgiche in grado di ottenere questo scopo (note con i nomi di Swenson, Duhamel, Soave, etc.) eseguibili sia con approccio convenzionale che con approccio mini-invasivo. Tutte le tecniche di cui sopra si sono dimostrate efficaci e sicure nelle mani di chirurghi pediatri esperti quando sono stati rispettati pedissequamente i 3 step cruciali descritti sopra. Sebbene l’approccio con singolo intervento sia sempre più la regola, in alcuni casi (nursing intestinale inefficace, occlusione intestinale, enterocolite, estensione della malattia a tutto il colon o parte dell’ileo, etc) può essere necessario (talora anche in regime di urgenza) ricorrere al confezionamento di enterostomie (ano cutaneo o “sacchetto”) per risolvere il problema nella fase di acuzie e differire la chirurgia definitiva ad un momento clinicamente più propizio per il piccolo paziente.
Non è mai possibile estendere e generalizzare la prognosi di un’affezione congenita se si considera l’ampia variabilità di manifestazioni cliniche e la possibile coesistenza di anomalie associate che richiedono approfondimenti diagnostici specifici per ogni singolo paziente. Ciononostante, nella maggior parte dei casi (fattori di rischio sono l’estensione di malattia, precedenti interventi chirurgici, enterocoliti o episodi occlusivi, gravi anomalie associate) la malattia di Hirschsprung può essere “guarita” con la sola chirurgia. La morbilità è contenuta e, nella maggioranza dei casi, è possibile la completa restitutio ad integrum del piccolo paziente le cui aspettative di vita risultano sostanzialmente sovrapponibili a quelle della popolazione pediatrica generale.
Dal momento della presa in carico ogni nostro piccolo paziente richiede l’intervento di molteplici specialisti pediatrici perché non solo l’aspettativa ma anche la qualità della vita possano ambire ad essere sovrapponibili a quelle della popolazione generale. È quindi giustificata l’istituzione di centri multidisciplinari dedicati che coinvolgano anestesista, intensivista, neonatologo, gastroenterologo, radiologo, anatomopatologo, fisiatra, enterostomista, dietista, nutrizionista, cardiologo e quanti altri potenzialmente chiamati in causa per la gestione a 360 gradi di ogni problematica o anomalia associata.
Riassumendo, una diagnosi tempestiva evita terapie inutili e scongiura il ritardo del trattamento che risulta tanto più efficace quanto più precocemente viene applicato. L’applicazione di screening diagnostici mirati all’identificazione delle malattie associate e la presa in carico da parte di centri multidisciplinari dedicati alla diagnosi e cura delle patologie digestive pediatriche favoriscono quest’obiettivo e consentono di personalizzare le cure ad ogni singolo paziente.
La ricerca clinica e di base continuano ad arricchire la comprensione della malattia e forniscono gli strumenti per affinare la diagnosi, migliorare il trattamento, sviluppare previsioni prognostiche più realistiche ed ambire alle cure migliori per i nostri piccoli pazienti, non rari…unici. E concludo con una citazione storica per l’Associazione… ”Chi ben comincia è a metà dell’opera”.
Semplicemente grazie. E come conclude la relazione “chi ben comincia è a metà dell’opera. (amici di francesco sempre presente) ❤️❤️❤️❤️
Grazie Marinella per tutto quello che hai fatto, senza di te Amorhi non esisterebbe!